Metti una sera invernale dove finisce
la città e comincia quel mare sporco, lattiginoso e macchiato di
luci che si chiama Pianura Padana. Metti un posto qualsiasi con i
suoi angoli bui, la sua gente e i suoi odori. Entraci. In fondo ci
sono i Fleet Foxes
sul palco. E' presto. Non è l'ora per un concerto; è più l'ora per
una storia della buona notte. E infatti, quando i Fleet Foxes
attaccano, comincia un viaggio attraverso un mondo magico e
misterioso. La loro musica è una pastorale che canta la nostaglia
per una terra senza luogo (one day at Innisfree...) e
senza tempo (il 2011? L'Anno Mille? La Grande Depressione?). Stai
lì a guardare e a ascoltare...ssshhh...senza parlare per non rompere
l'incantesimo. Quando Robin Pecknold -- solo sul palco -- presenta un
pezzo nuovo -- I Let You, il pubblico spontaneamente gli dedica
un'attenzione religiosa.
Semplici e potenti.
Ho aspettato fino alla fine Montezuma ma non è mai arrivata. Hanno chiuso invece con Helplessness Blues: “Someday I will be like the man on the screen”. No. Spero proprio che i Fleet Foxes non diventino mai come tanti men on the screen che si vedono in giro; sono troppo belli così.
Semplici e potenti.
Ho aspettato fino alla fine Montezuma ma non è mai arrivata. Hanno chiuso invece con Helplessness Blues: “Someday I will be like the man on the screen”. No. Spero proprio che i Fleet Foxes non diventino mai come tanti men on the screen che si vedono in giro; sono troppo belli così.
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