Il video di Santa Fe esce in questi giorni proprio mentre sto degustando l'ultimo disco dei Beirut.
Al primo ascolto The Ripe Tide non è che mi abbia fatto proprio impazzire. Dopo essere stato stregato dalla magia di Gulag Orkestar e The Flying Club Cup le mie aspettative erano alte e, come spesso accade in questi casi, sono state quasi del tutto deluse. Riascoltando ora The Rip Tide con più calma e attenzione, direi che in fondo non suona così male come mi era sembrato in un primo momento anche se, dopo nove pezzi – magna insoddisfazione, continuo a arrivare alla fine dell'album chiedendomi: “tutto qui?”. In The Rip Tide è tutto ben confezionato e non è difficile trovare un po' di tutto quello che ti aspetti - le atmosfere balcaniche, la voce intensa di Condon, il romanticismo dei testi - ma niente sembra incidere veramente, come se questa volta la musa si sia tenuta a cortese distanza dal buon Zach.
La novità più
significativa è il flirt con l'indie pop di cui Santa Fe è il
frutto più maturo e forse anche quello più insipido. Con un video
vintage in cui si mescolano surrealismo buñueliano,
commedia sexy all'italiana, Bolliwood e chissà cos'altro - basta
che abbia quell'irresistibile aura di nostalgia, come insegna Simon Reynolds - i Beirut provano a illuminare il lato scherzoso e ironico
della loro ricerca musicale. Se però con la sua leggerezza ci
ricorda quanto sia importante evitare di prendersi troppo sul serio,
il video trasmette in modo evidente anche la mancanza di densità che
segna l'intero LP.
Già provo a immaginare
come potrà essere il prossimo album dei Beirut; sono convinto che
hanno ancora molte storie da raccontare e molti luoghi da esplorare
con la loro musica nomade: posti esotici, magici, polverosi e non sempre ospitali. Che sia un villaggio slavo, una campagna
provenzale o una spiaggia mediterranea, spero che i Beirut continuino
a viaggiare e a farmi viaggiare a lungo...Bon Voyage!
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