martedì 4 ottobre 2011

RoBbot Week: il gran finale



Su internet non c'è né spazio né tempo per riflettere: se succede qualcosa devi vomitarla tutta subito altrimenti a te passa la voglia di raccontarla dopo 48 ore mentre quei 4 che leggono il tuo blog si sono rotti le palle già dopo 24. Così, anziché sparare minchiate su tutta una serie di illuminazioni musicali e esistenziali della scorsa settimana come avrei voluto fare, salto subito alla fine.

Briciola 2 Gran polpetta avvelenata finale: roBOt festival 4, serata di chiusura


Il (nuovo) Link è una macchina da guerra pensata per questo genere di eventi: megacapannone, un unico ambiente e un unico bar che si trasforma ben presto in un tritacarne (sì, c'è anche una specie di soppalco ma non è sfruttato per un cazzo e dopo una certa diventa un luogo triste triste per chi gli scappa da limonare duro o da dormire, per non dire altro). Sabato scorso l'hangar era pieno neanche dovesse arrivare l'Anticristo in persona e nel complesso direi che si respirava una delirante quanto gioiosa atmosfera: tutti mediamente fuori come culi, tutti presi mediamente bene, senza marcioni che nella propria fattanza sentissero il bisogno irrefrenabile di rompere i coglioni al prossimo travasando sull'altro la propria negatività traboccante...non capita spesso...quindi gran seratone, niente da dire tranne...tranne la musica ma questa è un'opinione personale e credo assolutamente minoritaria tra gli avventori della serata di sabato.
Ora, non vorrei passare per quello che sputa nel piatto dove sballa e se vi chiedete chi era quel deficiente esaltato attaccato alla transenna sotto il palco...beh smettete di chiedervelo, tanto c'eravamo tutti e tutte sotto quella consolle. Non posso però fare a meno di denunciare, ex post, una certa povertà di concetti e una certa freddezza nella tech-house da superclub. Certo che già lo sapevo. Sabato però ne ho avuto la conferma lampante.
La storia è questa: chi come il sottoscritto ha gettato alle ortiche tutti, o quasi, i voucher formativi che la vita offre spendendoli in party illegali si ritrova in una serata come quella di sabato a provare un certo imbarazzo. La prima cosa che fai è fiondarti a cercare invano un cassone al quale aggrapparti invece...prodigio: la musica c'è ma non si vede! Cerchi di riprenderti dalla figura di merda che hai fatto con te stesso (e non solo) e provi a essere cool ma ben presto ti rendi conto che quel basso tondo tondo – obeso – non è proprio la pappa alla quale sei stato abituato. Intendiamoci, non sono troppo schizzinoso: bastano un paio di consumazioni per farmi andare giù anche la Macarena (c'era proprio bisogno di questo link?) se ho intenzione di divertirmi. Così mi ritrovo ben presto a dimenarmi neanche fossi il capro sacro a Dioniso al cospetto di mostri ancora più sacri della techno, gente che fino a ieri – ma anche oggi – per me potrebbero essere i cugini bastardi di tua zia. Da Seth Troxler, almeno all'inizio del set, ho sentito un paio di passaggi un po' più breakkati e un po' di glitch qua e là ma per il resto la ricetta è sempre quella – semplice ma efficace – da 30 anni a questa parte, da Detroit a Berlino passando per Ibiza: accompagnare l'ascoltatore in alto lungo vortici di suoni psichedelici più o meno vertiginosi per poi lanciarlo nel vuoto del bassone obeso e tamarro testé menzionato. Boom boom boom, tutti contenti fino all'alba in compagnia di quel mattacchione di Tobi Neumann.
Quando esco alle 7 di mattina non sono affatto sicuro di sapere su quale pianeta mi trovo. Mi guardo intorno e vedo pupille ancora grandi come quelle degli alieni  di Area 51 (il primo link dovrebbe far ridere, il secondo è per fare  pari con quello della Macarena...Oh no! Di nuovo!) allora mi ricordo perché preferivo i party dove potevi fare il cazzo che ti pareva fino alle 4 del pomeriggio e avere tutto il tempo per riacchiapparti. Non mi resta che tornare a casa a piedi accarezzato dal sole e dall'aria frizzantina del Pilastro: Exit Planet Dust (questo invece è solo nostalgia gratuita).

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