giovedì 18 agosto 2011

Cominciare a danzare



In totale contrasto con il mio attuale stato fisico, mentale e emozionale che mi vede sprofondare in un grigiore abissale, un post leggero e sentimentale a scopo celebrativo dedicato, sebbene con qualche giorno di ritardo, a chi ha appena cominciato a danzare con l'augurio di riuscire sempre a danzare con quanta più leggerezza possibile.
Il tema e l'atmosfera del video dei Chromeo sono perfetti per la circostanza. C'è anche Solange, la sorellina di Beyoncé, quindi il cliché “famiglia” è centrato in pieno.
14/08/2011, benvenuto Nikolaos dunque e benvenuta leggerezza perché anch'io,  nonostante tutto, devo – necessariamente e disperatamente – continuare a danzare.
Thanks to Nialler9 for the tip.

venerdì 12 agosto 2011

La rivolta ai tempi del biopotere



In questo tempo di povertà puoi goderti la rivolta da infinite cyberangolazioni: i tweet, i canali su Flickr, le mappe geopinnate che si aggiornano in tempo reale, i serratissimi comunicati di Cameron, le analisi socio-psico-post-marxiste-pedagogico-e-allarmistico-sociali più disparate (dal guazzabuglio mi sento di salvare almeno un articolo). La mia impressione però è che gli strumenti culturali con cui si guarda ai fatti di questi giorni siano drammaticamente inadatti e inattuali. Allora mi è venuto in mente un uomo che nel secolo passato ha provato a rinnovare le nostre cassette degli attrezzi; le considerazioni che seguono sono fortemente influenzate dalle sue idee.
Il biopotere, in un unico gesto, cancella la vita (zoé) dell’uomo animale politico per garantire la vita (bios) della specie umana. Il biopotere non ha bisogno di ghetti. Il biopotere non ha più neanche bisogno, non come 150 anni fa almeno, della famiglia come perno sociale e istituzione di controllo. Il biopotere ha svuotato dall'interno il conflitto politico e i meccanismi di rappresentanza. Il biopotere è impalpabile e fluido, solo così può garantire la produttiva sopravvivenza di tutti e la sua stessa sopravvivenza. Di conseguenza la rivolta ai tempi del biopotere esplode a macchia di leopardo un po' ovunque, in luoghi fino a qualche anno fa considerati modelli positivi di convivenza multietnica. La rivolta ai tempi del biopotere non è fatta da gruppi razziali o sociali ben identificabili: dai 12 anni in su tutti giocano al tutti contro tutti. Nella rivolta ai tempi del biopotere lo scontro diretto con l'autorità non è indispensabile, almeno fino a quando il saccheggio può protrarsi indisturbato. La rivolta ai tempi del biopotere non rivolta niente: se sei abbastanza (s)pregiudicato puoi ottenere molto rapidamente e con mezzi violenti beni di consumo che normalmente non puoi permetterti o che potresti avere solo faticando come un somaro per mesi. Nel frattempo i tuoi vicini minimamente dotati di buon senso hanno tweetato un gruppo di iniziativa per ripulire il quartiere mentre i tuoi vicini Sikh dotati di sciabole affilatissime hanno preso al volo l'occasione per sfoderare i loro cimeli e farsi fotografare davanti al tempio di quartiere in pose decisamente poco amichevoli.
In conclusione, il biopotere esce dalla rivolta senza un graffio, al più c’è stato un cortocircuito: la rivolta del bios contro l’ambiente plasmato dal biopotere in cui il  bios stesso è immerso. La zoé invece è ancora lontana dall’essere liberata; forse in futuro, in modo tangenziale, a partire dalla breccia aperta dalla biorivolta, l’animale politico potrà rompere la superficie sotto alla quale è stato rimosso ma sono pessimista in proposito. Alla luce della mia interpretazione l'unica previsione che mi sento di fare è che le biorivolte saranno sempre più diffuse e frequenti nei prossimi anni quindi prepariamoci a esse con gli strumenti giusti: in una mano avremo tutti un blackberry, nell'altra, a seconda delle preferenze, una molotov, uno spazzolone, o una scimitarra da Sandokan: get ready.

Dopo il salto una selezione musicale appropriata al tema.

lunedì 8 agosto 2011

L'amore liberato (parte 2): l'amore oltre l'amore


E' ora di portare il mio  itinerario di pensieri sull'amore  almeno a un approdo provvisorio.
Nel precedente post finivo col chiedermi se era possibile pensare l'amore oltre l'amore. La risposta è sì e no allo stesso tempo. Il soggetto infatti parassita l'abisso di energia della grande molteplicità per sopravvivere però è vero anche che non è possibile attingere a questo pozzo senza fondo se non attraverso i modi della maschera: come potrei infatti dirti e dirmi il mio amore al di fuori del linguaggio dell'amore?
Non resta allora che immergersi nella maschera fino al logorio e alla frantumazione della stessa, appropriarsene impropriamente per farne un (ab)uso antiutilitaristico e afinalistico e ricreare ogni volta l'amore come nuovo. Non vedo altra scelta per liberare la grande molteplicità: sbrodolarsi di romanticismo, annegare nei momenti di solitudine quando, seduto a terra, vedi l'amore riflesso in una pozza d'acqua sporca accanto al tuo vomito, vivere di volta in volta  i modi dell'amore che senti affiorare da sotto la maschera. Allora forse si apriranno le crepe sulla superficie lucida di convenzioni accettate passivamente troppo a lungo e le contraddizioni di quell'amore che fa male all'amore resteranno nude, spogliate del loro senso.
Creare - questa è la grande redenzione dalla sofferenza, e il divenir lieve della vita. Ma perché vi sia colui che crea è necessaria molta sofferenza e molta trasformazione. [...] Davvero attraverso cento anime io ho camminato la mia via, e attraverso cento culle e dolori del parto. Molte volte ho già preso congedo: io conosco gli ultimi istanti che spezzano il cuore. Ma così vuole la mia volontà creatrice, il mio destino. (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra)

mercoledì 3 agosto 2011

L'amore liberato (parte 1): l'amore non esiste

Perchè l'amore? Perchè torno a pensare al tema più banale, più trito e svenduto da circa 3000 anni a questa parte?
Si è detto tutto ormai, anzi a pensarci bene si dicono sempre le stesse cose: "Meglio amare o essere amati?", "L'amore fisico o l'affinità spirituale?", "Amo chi o amo cosa?".
Ovvio che torno a pensarci - e ora mi metto anche a scriverci - perché,  in questo momento, amo qualcuno e quando dico “amo”, al di là delle circostanze, intendo: "provo quel generale, inspiegabile e incontrollabile stato di turbamento psicofisico e irresistibile attrazione nei confronti di una persona". Credo di aver reso l'idea.
Rimane comunque il fatto che la metafisica dell'amore è una storia chiusa, non si scappa, non c'è più nulla da dire a parte continuare a dire, continuare a struggersi in quella valle di lacrime dall'indiscutibile potere catartico che nell'epoca del dominio della tecnica chiamiamo romanticismo. E allora chi meglio di Bon Iver?...e allora facciamoci del male (pure in verisone karaoke), naturalmente dedicata al mio Skinny Love:



dopo il salto: le sconvolgenti quanto sconclusionate e provvisorie conclusioni del mio ragionamento